mercoledì 10 dicembre 2008

BOT, punti base e spudorati mentitori

La settimana scorsa diversi quotidiani sono usciti ("a edicole unificate", come dice Marco Travaglio) con un bell'articolone che riportava le parole del Ministro Tremonti a Porta a Porta sulla situazione dei titoli di stato italiani.

Mi è capitato di leggere il Resto del Carlino, che evidentemente non si fa indicizzare da Google, ma si trova anche di meglio su Il Giornale: http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=311823

Secondo questi sedicenti esperti di finanza, è un gran affare comprare i nostri BOT, perché valgono di più di quelli tedeschi. Ma certo. E non gli viene il dubbio che un motivo ci sia dietro questa maggior valutazione?

Cito dall'articolo, spettacolarmente intitolato "Ecco perché puntare sui nostri bond":

"La questione è semplice. Un’obbligazione (di Stato o meno) è composta di tre elementi: prezzo, rendimento e rischio. Il prezzo è il capitale che noi prestiamo a chi ci vende l’obbligazione. Il rendimento è il tasso d’interesse che noi accettiamo di ricevere a fronte del rischio di non rivedere quel capitale in caso di fallimento del nostro venditore."

Fin qui quasi tutto bene. Sarebbe bello spiegare che il rendimento cambia a fronte di quanto i mercati considerano "rischioso" l'investimento... ma ovviamente poi non potrebbero scrivere:

"Il rischio di non riaverlo è uno solo: la bancarotta del Paese. E Tremonti, ieri, non ha fatto altro che ricordare che il rischio di fallimento dello Stato Italiano è ben bassino.
In ogni caso non è certo maggiore di quello della Germania: Berlino ha sì un Pil maggiore del nostro (2.530 miliardi contro 1.580), dei tassi di crescita migliori, e un debito pressoché uguale (ancorché minore rispetto al Pil: 65% contro il 105%). Ma non c’è nessuna ragione per pensare che abbia meno probabilità di fallire."

Caro il mio Marcello Zacché, Tremonti ha un bel da dire che l'Italia non può fallire, ma quei 140 punti base, quella differenza dell'1,4% che l'Italia, cioè Tremonti stesso ritiene di dover pagare in più a chi compra i suoi Bond per far si che questi li comprino al posto di quelli tedeschi, rappresenta proprio la probabilità che ha l'Italia ha in più di fallire rispetto alla Germania: l'1,4 su 3,025 sono il 46,28% in più rispetto alla Germania. E buona parte di quel rischio viene dal fatto che mentre la Germania ha la possibilità di aumentare le tasse per coprire bisogni contingenti causati dalla crisi, NOI NO: l'Italia già si mangia più del 100% del proprio prodotto interno lordo annuale, in pratica ogni anno tramite le tasse viene mangiato un 5% dei risparmi degli anni prima. Se qualcosa va male, i soldi per salvare le banche o le grandi aziende NON li abbiamo se non prendendoli a qualche altro capitolo di spesa. Che è appunto quello che stanno facendo con le "riforme" di scuola, università e forze di sicurezza. Ops.

Ora possiamo dire tante cose, che le agenzie di rating ultimamente non hanno dato grandi prove di se, che tanto comunque la possibilità che la Germania fallisca è zero e quindi la nostra è poco più di zero, che quella differenza è più che sufficiente a coprire il rischio, eccetera. Tutto vero.

Ma di fronte a una simile differenza di rendimenti, dovuta in buona parte al RISCHIO DI NON RIVEDERE I PROPRI SOLDI di cui si parlava nell'articolo, dire che "è un gran affare e non ci sono problemi" mi ricorda moltissimo quel che dicevano i venditori dei bond Parmalat e dei bond argentini o meglio ancora quel che si leggeva sui giornali il 15 settembre 1992 quando Giuliano Amato diceva che "lo SME è solidissimo e non ci sono pericoli per la Lira"... e il giorno dopo svalutava del 25% la nostra valuta.

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